Le escursioni effettuate

      AGIREVERDETREK

Tutte le iniziative sono riservate agli associati (Euro 10 annui),   associazione   U.I.S.P., facoltativa , che comunque avranno la precedenza nelle prenotazioni per iniziative particolari. 

c/c postale n° 28804508 intestato a: Agire Verde, via A. Frank 17, 57100 Livorno).

Escursioni effettuate 2003

Domenica 26 gennaio: 

Trekking nel Camaiorese, dal passo Lucese al m.Prana.

Dalla Conca di Camaiore si  raggiunge il valico di Montemagno (m224), poi si comincia a scendere dolcemente l'ombrosa Valle Freddana  per oltrepassare la località La Rena, dove si innesta la via proveniente da Massarosa- bivio per Gombitelli  (km7 da Camaiore)- e quindi si sale, con continue svolte, fino a Gombitelli (m492-km12), antico paesello posto sul pendio del Monte Calvario. Il paese, vecchie case abbarbicate alla roccia, l'una appoggiata all'altra, fino a non molto tempo fa era un’isola linguistica con dialetto gallo-romano,   abitato da una  popolazione probabilmente oriunda dell'Emilia  ed esperta nella lavorazione del ferro e del rame. Dopo la visita a Gombitelli si prosegue, tornando sul versante meridionale, poco a monte del paese, verso il Passo della Lucese dove ammireremo il panorama vastissimo della piana lucchese fin oltre Livorno, dall'Arcipelago Toscano alle coste della Liguria e da qui ci incammineremo per la salita al Monte Prana,  il più meridionale tra i rilievi apuani che superano i 1200 metri. Molto vasto il panorama dalla sua cima, sia verso le Apuane meridionali ed il massiccio delle Panie, che verso la conca di Camaiore e la Riviera della Versilia.

Domenica 09 febbraio

Dalla Valle Benedetta all’acquedotto Leopoldino.

Passeggiata nel Parco delle Colline Livornesi lungo un percorso interessante sia dal punto di vista storico che  paesaggistico: dalla Valle Benedetta verso il Poggio dei Tre Mulini, il Calvario, Pandiano e  Loti, per scendere nuovamente all’acquedotto Leopoldino   e risalire infine di nuovo verso la  Valle Benedetta, incontrando nella tipica macchia mediterranea, l’antica abbazia benedettina che da il nome alla valle,  i settecenteschi mulini a vento (antiche torri di segnalazione per i naviganti, ad evitare le secche della Meloria prima di entrare in porto), Il Calvario (collina santificata da Colombino Bassi, fondatore del monastero, con l’innalzamento di tre croci) e Pandoiano e Loti, antiche sedi di insediamenti  etruschi e romani, oltre al famoso acquedotto Leopoldino di fine ‘700.  

Domenica 23 Febbraio

La Valle del Fiume Frigido: Forno e la via dell’onice.

Questa valle ha per cornice buona parte della dorsale delle Alpi Apuane, almeno in quel tratto di cime compreso tra il monte Sagro e l’Altissimo, dovendo il suo nome alla frescura delle acque correnti che il fiume cattura, attraverso i deflussi profondi delle alte valli garfagnine.Dal grazioso paese di Forno, andremo  a cercare prima il panorama del fondovalle verdissimo, risalendo coltivi terrazzati ed inoltrandoci quindi in boschi di castagni e carpino nero, poi arriveremo a  Piano di Santo e alle sue antiche dimore di pastori, oramai abbandonate. La cava di alabastrite, che ha dato il nome alla via che stiamo percorrendo, ci aspetterà alla fine del sentiero, insieme al panorama del versante garfagnino della cornice apuana (m.Tambura e m.Sella) a est ed al mar ligure ad ovest. Al ritorno a Forno, avremo poi modo di vedere la vecchia Filanda e le sorgenti del Frigido, a due passi, sotto le quali potremo anche andare, risalendo il greto del fiume.

 

Sabato 8 marzo:   

VIAREGGIO - LA MAGIA DEL CARNEVALE

La Cittadella del Carnevale di Viareggio è un’opera unica nel suo  genere:  intorno  ad  un’immensa piazza dalla forma ellittica sono disposti sedici capannoni, al cui interno i costruttori creano i carri e le maschere che sfilano ogni anno lungo il corso mascherato.

Il Carnevale, un nome da sempre associato al  gioco,  al divertimento, allo  scherzo ed  all’allegria, da quest’anno si presenta anche come occasione di conoscenza ed approfondimento culturale.

·         Vuoi scoprire dove nasce il Carnevale?

  •   Vuoi conoscere i segreti dei carri?

              Visita  agli Hangars del Carnevale e ad uno spazio museale dedicato alla sua storia.

 

Domenica 16 marzo: 

Fosdinovo e il castello dei Malaspina 

Il Castello, feudo dei Malaspina, riveste una notevole importanza storica e architettonica. L'imponente fortezza, ampliata e ristrutturata tra la fine del XIV e gli inizi del TV secolo, divenne il centro politico e militare dei Malaspina dello Spino Fiorito. Ulteriori lavori di ampliamento si ebbero per tutto il XVI e XVII secolo ed ultimo feudatario fu Carlo Emanuele, che perse il possesso del Castello nel 1796, con la fine dei feudi. Tornato in possesso dei Malaspina con il Marchese Alfonso, il Castello tornò all'originario splendore nel corso del XIX secolo. 
Il possente castello Malaspina di Fosdinovo è tra i castelli meglio conservati in Italia ed un custode accompagna gli ospiti nei meandri più segreti del castello, istruendoli sulla vita del castello con dovizia di particolari. Ammiremo le camere ducali: la "
camera di Dante" (ove, pare, ne circoli ancora il fantasma), la torre con il trabocchetto (azionabile con un tasto dal marchese e sul fondo del quale lame acuminate attendevano il malcapitato, i cortili, le oscure segrete con gli strumenti di tortura, ben diciotto sale (quella del trono, quella con gli affreschi che rievocano la storia dei signori di Fosdinovo), le armi, le armature, le palle di cannone, le monete, i sigilli, i forzieri.
Costruzione maestosa e complessa,  ha una base all'incirca quadrangolare con cortile centrale ed agli angoli si elevano quattro torri, unite fra loro, nella parte piu antica, da camminamenti di ronda e merlature. Il materiale di costruzione è laterizio,
frammisto a pezzi di macigno e pietre molto dure dette "sassi rospari" e  numerosi sono gli affreschi (tutti, escluso quello posto nella nicchia della cameretta di Dante - raffigurante un Ecce Homo con uno dei Malaspina che parte per le Crociate -, sono stati eseguiti nel 1882 dal fiorentino Gaetano Bianchi, riprendendo lo stile quattrocentesco). Pregevoli infine i mobili antichi.Da vedere  la stanza circolare del "trabocchetto" nella torre di mezzogiorno, sul cui pavimento si apriva una volta un trabocchetto, appunto, e che offre un suggestivo effetto acustico

Domenica 30 marzo:   

L'Eremo di Calomini , escursione nei dintorni e visita all'eremo.

L'Eremo di Calomini, situato a ridosso di uno strapiombo roccioso nel territorio del Comune di Vergemoli, con quelli di San Pellegrino e dell'Argegna, rappresenta uno dei più noti e frequentati luoghi di culto della Valle del Serchio.Vi si accede per un antico portale in pietra ed è un esempio di edificio in <<abri>>, architettura religiosa, che vanta altri esempi nelle Alpi Apuane.La primitiva Chiesina, già documentata intorno all'XI secolo, quando si ` venerava l'immagine della Madonna della Penna, dopo alcuni ingrandimenti nel Xll secolo, fu ridotta nelle forme attuali ed oggi, solo il presbiterio, le celle cenobiali e la sagrestia( dove si ammira un grande stipo in legno con intarsi e bassorilievi, realizzato dall'artigiano Luca Pini nel 1707) conservano la singolarità, di essere nella roccia viva, lasciata a vista.Dal documento del 1361, in cui il converso della Cella di S. Maria ad Martyrees faceva richiesta al Vescovo di legalizzare le varie offerte all'oratorio, appare chiaro di quale venerazione fosse circondata la Vergine della Grotta (o della Penna a partire dal XIV secolo).Il primo atto vescovile di libera collazione del beneficio, intitolato al romitorio di S. Maria della Grotta, è del 2 maggio 1444. Un'altra notizia di libera collazione del medesimo, si ha poi nel 1497,  e dal secolo XVI in poi, la fama di questa Madonna crebbe talmente che vescovi e cardinali si portarono fino a Lei per renderle onore, mentre il popolo, tra il 1631 e il 1690, con spontanea oblazione, faceva il possibile per ampliare e rendere più maestosa l'antica chiesa. Ai primi del Settecento, come risulta dall'archivio del santuario, venne compiuto il duplice colonnato, fu allargata la grotta per accogliervi degnamente la sagrestia, sistemato il pavimento della chiesa e portato a compimento ogni dettaglio che contribuisse a rendere degno di ammirazione quel luogo di preghiera.Gli eremiti ebbero cura del santuario fino al 1868, anno in cui i parroci. dei paesi confinanti, quali tradizionali amministratori, non decisero di assumere direttamente l'incarico di promuovere il culto di Maria Santissima. Dopo esservi stati in continuità per oltre cinque secoli, cos' finivano gli eremiti di Calomini. Nel loro ricordo le popolazioni, per indicare la Madonna ad Martyres, presero a denominarla Madonna dell'eremita o semplicemente Eremita. Con decreto del Vescovo di Massa, risalente al 1914, la custodia del santuario venne affidata ai P.P. Cappuccini di Lucca i quali, nella persona di un confratello provvedono da oltre cinquanta anni a conservare ciò che una pura devozione a Maria ha voluto che sorgessse su questo dirupo.Di maggio e di settembre numerosi fedeli salgono ancora all'erto monte, che serba intatto il miracolo delle acque in una visione di assoluta purezza.L'escursione prevederà la visita all'eremo ed un percorso di trekking, intorno a Fornovolasco (la zona delle Grotte del Vento).

Domenica 6 aprile: 

Parco di San Rossore, visita guidata con possibilità escursionistica in bicicletta e/o a cavallo.

Il Parco regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, istituito nel 1979, si estende per circa 24.000 ettari localizzati lungo la costa compresa tra Viareggio e Livorno. Pur essendo al centro di un'area fortemente urbanizzata, questo territorio ha mantenuto notevoli caratteri naturali, tanto che vi si trova uno dei rari esempi di area costiera non edificata.

L'area del Parco comprende da nord a sud una zona di selve litoranee allungata per circa 40 km, con un arenile marino e vaste paludi interne,un tempo più estese ed oggi ampiamente bonificate, comprendenti il lago di Massaciuccoli. La flora presenta un notevole interesse per la ricchezza delle specie arboree ed erbacee favorite dalle speciali condizioni del suolo e del clima. Nei siti maggiormente affrancati dall'acqua , le selve, il leccio è una delle specie più frequenti; tuttavia assai spesso sono i pini (domestico e marittimo), di impianto antropico, a caratterizzare il paesaggio.

L'ambiente più peculiare si ritrova nelle zone delle aree umide, le lame, situate nella parte interna dell'area dove è presente una vegetazione arborea composta essenzialmente da farnie , frassini, pioppi, ontani e da alcune piante rare come la periploca, una liana rampicante maggiormente diffusa in epoche passate.

Le vaste torbiere ricoperte di canneti nascondono testimonianze di flore fredde, veri e propri relitti di tempi remoti , come per esempio la rosolida, una pianta carnivora molto interessante e rara nel Mediterraneo. Questi elementi floristici affondano le loro radici in quel tipo di vegetazione rivelataci dall'esame dei pollini presenti in antiche torbe subfossili trovate nel Massaciuccoli: si tratta dell'abete rosso, del pino mugo, della betulla e del trifoglio acquatico, tutte piante nordiche che decine di migliaia di anni addietro, all'acme dell'ultima glaciazione, erano migrate fino al livello del mare   .                        .     La spiaggia, costituita da sabbia prevalentemente calcarea, si presenta come una serie di dune e interdune dove crescono diverse specie erbacee: le pioniere sulla battigia,più arretrate le costruttrici e fissatrici di sabbia, infine le retrodunicole. La presenza di vertebrati ,rappresentanti di tutte le classi, è considerevole. Nelle lame più interne e nei canali di scolo che convogliano le acque meteoriche vivono lucci, anguille e alcune specie di anfibi come il tritone crestato, la rana esculenta, la rana agile, il rospo.

Il contingente faunistico più rappresentativo del Parco è sicuramente costituito dall'avifauna. La diversità degli ambienti presenti nell'area protetta, e la loro compenetrazione, permette anche l'osservazione delle popolazioni avifaunistiche degli habitat contigui. Sugli arenili, e durante il passo migratorio, si possono scorgere le splendide avocette, i fenicotteri, le beccacce di mare. Le lame, grazie alla loro particolare configurazione, sono un ottimo punto per osservare i trampolieri. Nei boschi contigui vivono invece picchi, ghiandaie, silvidi . E' tuttavia nell'area palustre che si trovano gli uccelli più interessanti e del Parco: il rarissimo tarabuso, il cavaliere d'Italia, il falco pescatore, una specie a rischio d'estinzione, e il falco di palude ,presente qui con la colonia svernante e nidificante più numerosa della Penisola. Il contingente faunistico più rappresentativo del Parco è sicuramente costituito dall'avifauna. La diversità degli ambienti presenti nell'area protetta, e la loro compenetrazione, permette anche l'osservazione delle popolazioni avifaunistiche degli habitat contigui. Sugli arenili, e durante il passo migratorio, si possono scorgere le splendide avocette, i fenicotteri, le beccacce di mare. Le lame, grazie alla loro particolare configurazione, sono un ottimo punto per osservare i trampolieri. Nei boschi contigui vivono invece picchi, ghiandaie, silvidi . E' tuttavia nell'area palustre che si trovano gli uccelli più interessanti e del Parco: il rarissimo tarabuso, il cavaliere d'Italia, il falco pescatore, una specie a rischio d'estinzione, e il falco di palude ,presente qui con la colonia svernante e nidificante più numerosa della Penisola.

Domenica 13 Aprile: 

Le zone umide della Toscana, Padule di Fucecchio e lago di   Sibolla.

Il Padule di Fucecchio ha un’estensione di circa 1800 ettari, divisi fra la Provincia di Pistoia e la Provincia di Firenze. Se pur ampiamente ridotto rispetto all'antico lago-padule che un tempo occupava gran parte della Valdinievole meridionale, rappresenta tuttora la più grande palude interna italiana. La zona naturalisticamente più interessante è situata prevalentemente nei Comuni di Larciano, Ponte Buggianese e Fucecchio. Da un punto di vista geografico, il Padule è un bacino di forma pressappoco triangolare situato nella Valdinievole, a sud dell’Appennino Pistoiese, fra il Montalbano e le Colline delle Cerbaie. Il principale apporto idrico deriva da corsi d’acqua provenienti dalle pendici preappenniniche. L’unico emissario del Padule, il canale Usciana, scorre più o meno parallelamente all’Arno per 18 chilometri e vi sfocia in prossimità di Montecalvoli (PI).
Il valore di quest’area è incrementato dalla sua contiguità con altre zone di grande pregio ambientale: il Montalbano, le Colline delle Cerbaie ed il Laghetto di Sibolla, collegato al Padule tramite il Fosso Sibolla.
La Riserva Naturale del Padule di Fucecchio è dotata di strutture per la visita che comprendono anche un osservatorio faunistico realizzato tramite la riconversione di uno dei caratteristici casotti del Padule.

L’area protetta
Circa 230 ettari del Padule sono protetti da Riserve Naturali istituite negli ultimi anni dalle Amministrazioni Provinciali di Pistoia (206 ettari) e Firenze (25 ettari), mentre tutto il resto del bacino palustre rientra nelle relative Aree Contigue. La Provincia di Pistoia, pur mantenendo la gestione diretta dell’area protetta, ha affidato al Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio compiti relativi alla fruizione ed alla supervisione tecnico-scientifica e al Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio la manutenzione ambientale dell’area.
Nella Riserva viene praticata una gestione attiva che comprende il controllo della vegetazione infestante, il recupero ambientale degli specchi d’acqua libera ed opere di manutenzione tese ad incrementarne le opportunità di fruizione.
Il regolamento della Riserva Naturale vieta, tra l’altro: la caccia e la pesca; la bonifica; le trasformazioni morfologiche; la modificazione del regime delle acque; l’introduzione di specie vegetali o animali; l’accensione di fuochi; il sorvolo di velivoli non autorizzati.
Su alcuni argini interni dell’area protetta è vietato l’accesso, mentre è sempre consentito raggiungere l’osservatorio faunistico de “Le Morette”.

La flora
Situato al limite tra la regione peninsulare di clima mediterraneo e quella continentale, il Padule ospita contemporaneamente piante adattate a climi diversi; nella Paduletta di Ramone, ai margini del Bosco di Chiusi, sopravvivono ad esempio il Morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae) e la Felce reale (Osmunda regalis), che sono piante di clima caldo umido, e particolari muschi, chiamati sfagni (Sphagnum sp.), più propri di climi freddi del nord e discesi fin qui durante le ultime glaciazioni. Soltanto nella Paduletta, ed in poche altre aree del cratere palustre, si trovano ancora discrete estensioni della Grande carice (Carex elata), chiamata localmente "sarello"; questa pianta di origine nordica si sviluppa in "gerbi" (formazioni cespitose) formati da più individui.
Dove gli immensi canneti lasciano spazio alle acque libere, troviamo i "lamineti", formati da piante con foglie galleggianti (come le grandi Ninfee bianche e gialle) che offrono uno degli ultimi rifugi a numerose specie altamente specializzate: l’Erba vescica (Utricularia australis), pianta carnivora flottante; il Ninfoide (Nymphoides peltata), dai bei fiori gialli; la strana Erba pesce o Salvinia (Salvinia natans), una piccola felce natante ormai rarissima in Toscana.

La fauna
Il Padule riveste un ruolo fondamentale nelle rotte migratorie fra la costa tirrenica e l’interno; qui si possono osservare nel corso dell'anno oltre 190 specie di uccelli, fra cui almeno 70 nidificanti. Particolare rilievo naturalistico assumono gli aironi che in periodo riproduttivo costituiscono la garzaia (colonia di nidificazione) più importante dell'Italia centromeridionale, sia per il numero delle coppie nidificanti (fino a 800) che per la presenza contemporanea di 4 specie: la Nitticora, la Garzetta, la Sgarza ciuffetto e l’Airone guardabuoi. Nel 1999 si è avuta per la prima volta anche la nidificazione in garzaia del rarissimo Mignattaio.
Fra i mammiferi è presente il Topolino delle risaie (Micromys minutus), il più piccolo roditore europeo, che si trova nel Padule di Fucecchio al limite meridionale accertato della specie.
La microfauna è altrettanto ricca ed importante, anche se meno studiata. Una recente ricerca del Prof. Arnaldo Bordoni ha permesso di censire oltre 1000 specie di Coleotteri: molti di questi, di origine euro-sibirica, assumono il significato di relitti microtermici, analogamente a quanto già visto a proposito delle entità floristiche. La fauna
Il Padule riveste un ruolo fondamentale nelle rotte migratorie fra la costa tirrenica e l’interno; qui si possono osservare nel corso dell'anno oltre 190 specie di uccelli, fra cui almeno 70 nidificanti. Particolare rilievo naturalistico assumono gli aironi che in periodo riproduttivo costituiscono la garzaia (colonia di nidificazione) più importante dell'Italia centromeridionale, sia per il numero delle coppie nidificanti (fino a 800) che per la presenza contemporanea di 4 specie: la Nitticora, la Garzetta, la Sgarza ciuffetto e l’Airone guardabuoi. Nel 1999 si è avuta per la prima volta anche la nidificazione in garzaia del rarissimo Mignattaio.
Fra i mammiferi è presente il Topolino delle risaie (Micromys minutus), il più piccolo roditore europeo, che si trova nel Padule di Fucecchio al limite meridionale accertato della specie.
La microfauna è altrettanto ricca ed importante, anche se meno studiata. Una recente ricerca del Prof. Arnaldo Bordoni ha permesso di censire oltre 1000 specie di Coleotteri: molti di questi, di origine euro-sibirica, assumono il significato di relitti microtermici, analogamente a quanto già visto a proposito delle entità floristiche.  escursione birdwatching 

Giovedi 1 Maggio: 

L’Abbazia di San Fruttuoso (Camogli).

Questo itinerario costituisce la terza tappa del Sentiero Verde-Azzurro che

da Genova, lungo costa, arriva a La Spezia.

Si parte dal paese di Camogli, con le caratteristiche case colorate a sviluppo verticale che discendono rapidamente verso il mare  e quindi dopo una scalinata, arriviamo al soprastante paese di San Rocco, da dove si gode la vista di tutta la costa fino a Genova.

Da qui il sentiero prosegue, con ripide salite e discese con  magnifiche vedute del  mare sottostante e della frastagliata scogliera, fino al borgo di San Fruttuoso, con la famosa abbazia di recente restaurata.

Sosta e visita all’Abbazia, prima del ritorno.

L'abbazia e il borgo marino, sorgono in fondo alla baia di Capodimonte.

Tra Camogli e Portofino, in una profonda insenatura della frastagliata costa del Monte di Portofino.

La celebre abbazia di San Fruttuoso fu dapprima covo di pirati, poi proprietà per secoli dei Principi Doria ed è un luogo assolutamente unico, dove l’opera dell’uomo si è felicemente integrata con quella della natura.

Sono visitabili il complesso monastico del X-XI secolo con il chiostro, la sala capitolare, la chiesa e le tombe dei Doria (XII secolo) e il corpo a mare tardo romanico, aggiunto nel XIII secolo.

Complesso  abbaziale
Gran parte dell’attuale abbazia risale al X-XI secolo, mentre il corpo verso mare, con il bel loggiato a due ordini di trifore, fu realizzato nel XIII secolo grazie alle donazioni della famiglia Doria.La torre nolare è uno dei più antichi elementi architettonici dell’abbazia e della Liguria. Alla calotta sferica, leggermente ovale, costruita a metà del X secolo, secondo i canoni bizantini, è stata poi sovrapposta un’altra cupola più slanciata, non visibile in quanto inserita in una torre ottagonale con lesene a vista, secondo la tradizione ottoniana.

Tombe dei Doria: Dal livello inferiore del chiostro si accede al profondo vano a volta, concesso ai Doria dai monaci, come sepolcreto.

Le tombe in marmo bianco e pietra grigia alternati nella tipica bicromia , sono disposte a schiera sui tre lati del vano e sono costituite da arche in muratura singole o a coppie, in gran parte con epigrafi, e sormontate da arcosoli a sesto acuto, sorretti da colonnine marmoree, con tettuccio a capanna.

Qui riposano sette membri della famiglia Doria, mentre per altri due sepolcri e un sarcofago romano si ignorano le identità dei personaggi tumulati.

L'Abbazia, interno:  
Nei due piani del corpo abbaziale del XIII secolo il recente restauro ha rivelato le strutture romaniche più antiche. Qui è stato allestito il Museo del Monte, che raccoglie documenti della storia dell’abbazia, del suo tempo e della vita dei monaci. In particolare, i tavoli-vetrina dei due piani accolgono ceramiche da tavola e da cucina usate dai monaci dal XIII al XIV secolo. Le ceramiche hanno varia provenienza (Liguria, Italia meridionale e mondo islamico) e sono state rinvenute in un deposito scoperto nell’abbazia durante i lavori di ripristino.

Domenica 4 maggio: 

ESCURSIONE – STAGE : CONOSCERE LE PIANTE OFFICINALI E SELVATICHE

Escursione guidata sulle colline di Agnano (PI) alla ricerca di erbe medicinali e mangerecce. Le colline di Agnano, ricche di rocce di natura calcarea sono in posizione ideale per la crescita di molte piante officinali ed aromatiche che qui si sviluppano abbondamente allo stato selvatico. Sono presenti, tra le altre erbe la profumata ruta dalle molteplici proprietà aromatiche e medicinali, il mirto di cui si utilizzano bacche e foglie, l' issopo di cui è fatta menzione anche nella bibbia quale erba per usi sacri, la santoreggia erba aromatica poco conosciuta ma dall' incomparabile aroma, l' euforbia con il suo lattice acre ed irritante, la lavanda stoecas che ha qui un suo habitat di crescita ottimale e tante altre erbe di cui scopriremo insieme le virtù. Sarà inoltre presente un erborista che aiuterà nel riconoscimento delle stesse e ne illustrerà gli usi e le proprietà.

note di viaggio:  UNA PICCOLA FRAZIONE UNA GRANDE STORIA

Agnano è una delle più piccole frazioni del comune di San Giuliano Terme in provincia di Pisa. Conta all'incirca seicento abitanti ed è situata in amena e civettuola posizione sulle pendici del Monte Pisano, tra la distesa di secolari uliveti e la macchia mediterranea.
Nota nel corso di questo secolo soprattutto come Fattoria, per le sue molteplici attività non solo agricole ma anche industriali e commerciali (per altro oggi del tutto cessate) dovute all'intraprendenza di Oscar Tobler. Questi, per alcuni decenni, fu Signore di Agnano e di una vasta estensione di terreni da Calci ad Asciano, la frazione di Agnano ha in realtà dietro di sé una notevole storia, che affonda le sue radici nella preistoria e nella colonizzazione etrusco-romana (Agnano dal latino Annius).
Nell'alto medioevo fu importante castello confinario della Repubblica Pisana. Una prima valida documentazione si ha nel 1164, allorché fu teatro di uno scontro armato tra Lucchesi e Pisani. In quel periodo pare fosse sotto la signoria dei Visconti ed è del 1168 il tradimento di Tancredi Visconti, che cedette per denaro la Fortezza di Agnano ai Lucchesi.
Verso la metà del XIV secolo, l'arcivescovo di Pisa Giovanni Scarlatti vi fece costruire, si dice sulle rovine dell'antico castello, la chiesa di San Gerolamo, oggi chiesa parrocchiale di San Jacopo, e un convento per i frati Olivetani.
Sul finire del XV secolo, il convento e le annesse proprietà furono acquistate da Lorenzo il Magnifico che, fatta costruire una villa (l'attuale villa Tadini), vi veniva spesso a villeggiare e a cacciare, ospitando uomini di lettere come il Poliziano e il Pulci.
Con il matrimonio di Maddalena, figlia del Magnifico, con Franceschetto Cybo Malaspina, Agnano divenne proprietà di questa dinastia, che la conservò fino alla metà del '700. Dopo la tempesta napoleonica, la tenuta di Agnano tornò in possesso dell'ultima discendente dei Cybo, Maria Beatrice d'Este, duchessa di Modena e moglie dell'Arciduca d'Austria Ferdinando d'Asburgo Lorena. La tenuta d'Agnano confluì così nel patrimonio della casa imperiale austriaca ed è da questa, nella persona di Francesco Ferdinando d'Austria (ucciso poi nel 1914 nell'attentato di Sarajevo), che Oscar Tobler acquistò tutti i possedimenti di Agnano (compresa la chiesa e il celebre polittico trecentesco di Cecco di Pietro, allora ivi conservato), la tenuta di Calci e vasti terreni in Asciano il tutto per la somma di duemila lire-oro. Sposato a Virginia Ruschi ebbe un'unica figlia, Anna, andata poi sposa al conte Mario Tadini-Buoninsegni. Da quest'unione nacquero sei figli: all'ultimo, conte Giovanni, appartiene tuttora la villa e parte della tenuta, molto ridotta per alienazioni e divisioni ereditarie.

 

Domenica 18 maggio:

Tombolo della Feniglia (m.Argentario)

Lingua di terra che unisce il Monte Argentario alla terra ferma, La Feniglia è il regno incontrastato delle più svariate tonalità di verde e di gradevoli profumi, propri della macchia mediterranea, resi più intensi dalla presenza della rigogliosa pineta che spande la sua ombra ristoratrice all'interno.

In completa libertà  perchè protette,   vivono qui numerose specie di animali e non è raro, percorrendo la strada "bianca", imbattersi in gruppi di daini che pasturano tranquillamente.

Una spiaggia di sabbia dorata, lambita da acque limpidissime, completa poi lo scenario di questo lembo di paradiso. La nostra visita, che volendo potrà essere effettuata anche in bicicletta, comprenderà inoltre la Rocca Spagnola di Porto Santo Stefano, splendido ricordo della antica dominazione spagnola  (1557/1707).

LA LAGUNA DI ORBETELLO (entro cui ritoviamo la Feniglia), note:

La zona è classificata come zona umida di importanza internazionale con Decreto Ministeriale 9 maggio 1977, ed è protetta ai sensi della Convenzione di Ramsar. Racchiude l'omonima Riserva Statale (30 ha).
Comprende la porzione settentrionale della Laguna di Ponente di Orbetello ed un ampio settore interno alla sponda orientale (887 ha). La laguna è divisa dal mare dal Tombolo della Giannella, che unisce la costa maremmana al Promontorio dell’Argentario, mentre un tombolo incompleto (sul quale sorge Orbetello), prolungato con una diga artificiale, la separa dal bacino di Levante. Questo è a sua volta diviso dal mare dal Tombolo della Feniglia. Il tombolo della Giannella sembra essersi formato in epoca storica a causa dei detriti alluvionali depositati dal fiume Albegna, modellati dalle correnti a formare un cordone che ha progressivamente ridotto la comunicazione della laguna con il mare aperto.

L’area è caratterizzata da una molteplicità di habitat che comprendono il litorale sabbioso, in precarie condizioni di conservazione, i tomboli, la laguna salmastra e modeste superfici di stagni d’acqua dolce, cui si aggiungono campi coltivati, tratti di macchia mediterranea, boschetti e pinete d’impianto artificiale. Alla notevole varietà vegetazionale e ambientale si deve l’elevatissima ricchezza della fauna, in particolare ornitica; la Laguna di Orbetello è infatti di importanza cruciale per la sosta e la nidificazione di molte specie di uccelli minacciate.

L’equilibrio dell’ecosistema lagunare è però minacciato da alcuni fattori di rischio, come la tendenza all’interramento e i gravi fenomeni di eutrofizzazione; gravi morie estive di pesci, avvenute nel recente passato, hanno avuto pesanti ripercussioni sul comparto economico legato alla pesca professionale. Da alcuni anni sono in corso interventi per il risanamento delle acque lagunari, che hanno consentito un notevole recupero della produttività dell’ecosistema lagunare, di recente affiancati da azioni per il recupero della naturalità nelle aree di maggior valore per l’avifauna.

La vegetazione

Dal punto di vista vegetazionale le acque salmastre presentano ricchi popolamenti di piante sommerse formati da alghe azzurre, rosse, brune, verdi e piante superiori flottanti e radicate; le rive sono invece occupate da giuncheti, salicornieti e fragmiteti, inframezzati da tamerici Tamarix gallica e, raramente, da pioppi bianchi Populus alba.

Le zone più interne ed i tomboli presentano tratti a macchia mediterranea, dove spiccano notevoli esemplari di sughera Quercus suber, insieme a fusaggine Euonymus europaeus e marruca Paliurus spina-christi. La sughera, insieme a pino domestico Pinus pinea, è abbondante anche nel bosco di Patanella sulla riva orientale della laguna, associata ad un sottobosco con leccio Quercus ilex, fillirea Phyllirea latifolia ed Erica arborea. Di interesse biogeografico è la presenza del brugo Calluna vulgaris, per il quale quest’area costituisce il limite meridionale dell’areale. Da segnalare i numerosi esemplari di orchidee, dei generi Orchis, Ophrys, Serapias, Limodorum e Anacamptys.

La fauna

Per quanto riguarda l’ornitofauna, la laguna costituisce un sito di svernamento di grande importanza per codone Anas acuta, canapiglia A. strepera, mestolone A. clypeata, folaga Fulica atra, volpoca Tadorna tadorna e fenicottero Phoenicopterus ruber, che è presente in inverno con un nucleo di un migliaio di individui e nel 1994 ha fatto registrare qui il primo caso di nidificazione nell’Italia continentale.

Comuni, inoltre, alcune specie di svassi (svasso maggiore Podiceps cristatus e svasso piccolo P. nigricollis), e di limicoli (pettegola Tringa totanus, piovanello pancianera Calidris alpina e chiurlo Numenius arquata), mentre fra gli ardeidi sono numerosi airone bianco maggiore Egretta alba, garzetta Egretta garzetta.
E. garzetta e airone cenerino Ardea cinerea (queste ultime due specie sono anche nidificanti in buon numero). Assai abbondante è il cormorano Phalacrocorax carbo, le cui abitudini ittiofaghe causano probabilmente danni di un certo rilievo economico al settore della pesca.

Durante le migrazioni si possono osservare numerosissime specie, alcune delle quali con nutriti contingenti (ad es. marzaiola Anas querquedula, pittima reale Limosa limosa, combattente Philomachus pugnax); in questi periodi possono comparire nella laguna anche esemplari di specie rare o addirittura occasionali nel nostro paese.

Fra le specie di maggior valore conservazionistico che nidificano nell’area sono da ricordare occhione Burhinus oedicnemus, gruccione Merops apiaster (presente con numerose colonie) e cuculo dal ciuffo Clamator glandarius.

Le acque lagunari sono popolate da specie ittiche tipiche degli ambienti salmastri (muggini Mugilidae, orata Sparus auratus, spigola Dicentrarchus labrax, anguilla Anguilla anguilla).

Vari mammiferi, tra i quali istrice Hystrix cristata, donnola Mustela nivalis, tasso Meles meles e volpe Vulpes vulpes abitano le zone adiacenti alla laguna.

Per arrivarci: occorre recarsi in auto sino a Braccagni, quindi prendere la superstrada nuova Aurelia e percorrerla fino all'uscita di Porto Ercole - Porto S.Stefano.
Alla fine del tombolo della Giannella si gira a sinistra per Porto Ercole e quindi di nuovo a sinistra seguendo gli indicatori della Feniglia.

Domenica 8 giugno

UNA GITA NEL MEDIOVEVO, tra inattese emozioni.

Passeggiata facile e per tutti, portare la macchina fotografica!

A volte si possono fare suggestivi, bellissimi viaggi nella storia, percorrendo solo poche decine di chilometri. Ci si può trovare inaspettatamente in rarefatte atmosfere quasi fuori del tempo solo superando qualche tornante di strada tagliata nel bosco. C'è modo di imbattersi in qualcuno che, indicando una ben conservata casa di sasso dalle finestrelle squadrate, sormontate da uno stemma scolpito nella pietra, ti dice: questa è la casa e quello è lo stemma di Castruccio Castracani. L'immaginazione non serve: basta la realtà che ci circonda. Un viaggio di questo genere lo si può intraprendere, percorrendo la statale Porrettana, fino al piccolo centro di Ponte della Venturina. Già in questo primo tratto numerosissimi sono i motivi d'interesse storico, paesaggistico, artistico. Ma noi vogliamo andare alla scoperta di un minuscolo borgo arroccato sulla montagna, seguendo un itinerario che si svolge in un grandioso scenario appenninico, in una Toscana che fa da scrigno alla storia. Ecco allora che da Ponte della Venturina - il paese sorto in corrispondenza dell'antico limite amministrativo fra Stato della Chiesa e Granducato di Toscana e oggi punto di confine fra Emilia e Toscana - voltiamo a destra, addentrandoci nella verdissima e severa valle ove scorre il Reno e percorrendo per una dozzina di chilometri la traversa che porta a Pracchia ed eccoci in piccoli, quasi immutati borghi medioevali punteggiano i versanti dei monti, coperti di fittissimi boschi. Superato il Passo dell'Oppio (circa 800 m.) si inizia a scendere verso il ridente paese di S. Marcello Pistoiese, frequentato centro di villeggiatura. Ma prima di raggiungerlo conviene deviare brevemente a destra, per una visita a Gavinana, dove un piccolo ma curato museo è dedicato alla storica battaglia in cui perì Francesco Ferrucci (ricordate? Vile, tu uccidi un uomo morto!). Torniamo a scendere: lo scenario si apre. Sui colli intorno si scorgono altri borghi antichi, facilmente raggiungibili, mentre, arrivati in fondovalle, in località La Lima, si supera l'omonimo torrente. Per chi vuole provare un'emozione avventurosa c'è, a poche centinaia di metri, un famoso ponte sospeso, una struttura che, sostenuta solo da cavi d'acciaio, attraversa la valle ed è transitabile, a piedi, in pochi minuti. La nostra meta è al di là della Lima, lungo la strada che porta a Bagni di Lucca. Con modeste deviazioni, ora sul versante destro ora sul versante sinistro della valle della Lima, si possono conquistare i borghi, che dal medioevo od oggi poco sono mutati: Piteglio, Popiglio, Lucchio. E poi si arriva al delizioso Vico Pancellorum, il paese che deve il suo immutato nome - a quanto si dice - all'antica famiglia dei signori del luogo: i Pancelli, o Panciatici. Ci accoglie, dopo alcuni tornanti di strada asfaltata e panoramica che si snoda fra il bosco, la pieve romanica di S. Paolo, dell'XI secolo, con l'armonia delle sue linee e la semplicità incorrotta del suo interno. Fino agli anni '70 qui nel vasto piazzale antistante la pieve si doveva lasciare l'auto perché non c'era strada rotabile per il paese, inerpicato più in alto, sul monte. La veduta è stupenda: dalla Fortezza e dalla Penna di Lucchio, fino giù alla Controneria nella media valle del Serchio, di cui si scorge il monte Bargiglio col rudere della Fortezza medioevale di Mozzano. Di Vico Pancellorum si hanno notizie fino da prima dell'anno Mille; già dal 1261 godeva del raro privilegio della cittadinanza, e nel secolo XIV faceva parte dei possedimenti di Luporo Lupari, uno dei principali ghibellini che nel 1314 contribuirono al famoso sacco di Lucca; fu sede, nei secoli XIII, XIV e XV, dei Vicari della Val di Lima e di questo periodo restano, ben conservati, il Palazzo dei Vicari e le Prigioni, proprio di fronte alla porta che immette nella cittadella fortificata. Lungo le ripide, tortuose stradine si affacciano case e palazzetti antichi ingentiliti dai fiori, minuscoli giardini e mini-piazze con fontane plurisecolari, in una quiete profumata dai boschi circostanti. È un viaggio nel tempo e nella storia che riserva emozioni inattese.

Lucchio:

Le mura del castello sembrano prolungare le pareti di roccia verso il cielo.

L'inseme della roccia, della pietra del borgo medievale e di quella della fortezza fuse insieme in una oscura immagine di puro medioevo fanno di Lucchio uno dei paesi più scenografici della Toscana più nascosta. Dire nascosta e dir poco in quanto proveniendo da Lucca è quasi impossibile scorgere il borgo, incastonato sul versante della montagna rivolto verso Pistoia, e il suo castello, da questo lato fuso con la roccia. Diversa appare la scena per chi giunge dalla direzione opposta, passato Popiglio dopo poche curve qualcosa di anomalo sul versante di una dell tante valli rocciose dell'area attirerà la vostra attenzione: sono le case di Lucchio, sovrastate dagli scarsi resti della un tempo potentissima sua fortezza.

Anche la tortuosa e stretta strada che ancora oggi occorre percorrere per raggiungere l'abitato ci fà capire quanto era inespugnabile il luogo. Un detto popolare della zona non ha bisogno di commenti: le massaie del luogo metterebbero un sacchetto alla coda delle galline per impedire alle uova di rotolare a valle...

Il borgo è ancora oggi tagliato da stradine percorribili solo a piedi e, dopo l'abbandono degli unltimi decenni causato dalla sua posizione e dalla povertà delle sue terre, sta lentamente risorgendo dal degrado e la rovina. Ancora oggi è dominato da i resti, purtroppo ormai scarsissimi, del suo castello. Il fortilizio, risalente all' XI° secolo e sviluppatosi in piena età feudale, gode di una delle posizioni di maggior dominio sul territoio circostante, e soprattutto sulla strada di fondovalle che costeggia il corso del fiume Lima, riscontrabile fra i castelli medievali Toscani. Eretto e scavato sulla roccia viva, tanto che in più punti le mura non ne sono altro che un prolungamento, perennemente spazzato dal vento ed ancora oggi difficilmente raggiungibile - attenzione al piccolo ripido sentiero sconnesso, unica via di accesso - il castello di Lucchio è da sempre oggetto di leggende popolari. La sua origine non è certa, forse anch'esso come il vicino Limano risale alla Contessa Matilde di Canossa, o come indicherebbe la toponomastica di alcuni paesi della valle come Vico Pancellorum o Panulegium, oggi Palleggio, le sue origini sono da ricercare nell'era Romana, o più semplicemente fu un fotilizio di una delle tante famiglie feudali della zona come i Suffredinghi o i Lupari o ancora come altri luoghi vicini fu un insediamento Longobardo. Quel che è certo è che la città di Lucca ne fece nel XIV° secolo un punto di forza a guardia dei confini verso Pistoia. Con la presa del controllo dell'area da parte dei Fiorentini, persa la sua importanza strategica, Lucchio fu abbandonato e le sue pietre usate per le abitazioni del poverissimo borgo sviluppatosi ai suoi piedi. I ruderi sono liberamente visitabili, non perdetevi il panorama!

L'inseme della roccia, della pietra del borgo medievale e di quella della fortezza fuse insieme in una oscura immagine di puro medioevo fanno di Lucchio uno dei paesi più scenografici della Toscana più nascosta. Dire nascosta e dir poco in quanto proveniendo da Lucca è quasi impossibile scorgere il borgo, incastonato sul versante della montagna rivolto verso Pistoia, e il suo castello, da questo lato fuso con la roccia. Diversa appare la scena per chi giunge dalla direzione opposta, passato Popiglio dopo poche curve qualcosa di anomalo sul versante di una dell tante valli rocciose dell'area attirerà la vostra attenzione: sono le case di Lucchio, sovrastate dagli scarsi resti della un tempo potentissima sua fortezza.

Anche la tortuosa e stretta strada che ancora oggi occorre percorrere per raggiungere l'abitato ci fà capire quanto era inespugnabile il luogo. Un detto popolare della zona non ha bisogno di commenti: le massaie del luogo metterebbero un sacchetto alla coda delle galline per impedire alle uova di rotolare a valle...

Il borgo è ancora oggi tagliato da stradine percorribili solo a piedi e, dopo l'abbandono degli unltimi decenni causato dalla sua posizione e dalla povertà delle sue terre, sta lentamente risorgendo dal degrado e la rovina. Ancora oggi è dominato da i resti, purtroppo ormai scarsissimi, del suo castello. Il fortilizio, risalente all' XI° secolo e sviluppatosi in piena età feudale, gode di una delle posizioni di maggior dominio sul territoio circostante, e soprattutto sulla strada di fondovalle che costeggia il corso del fiume Lima, riscontrabile fra i castelli medievali Toscani. Eretto e scavato sulla roccia viva, tanto che in più punti le mura non ne sono altro che un prolungamento, perennemente spazzato dal vento ed ancora oggi difficilmente raggiungibile - attenzione al piccolo ripido sentiero sconnesso, unica via di accesso - il castello di Lucchio è da sempre oggetto di leggende popolari. La sua origine non è certa, forse anch'esso come il vicino Limano risale alla Contessa Matilde di Canossa, o come indicherebbe la toponomastica di alcuni paesi della valle come Vico Pancellorum o Panulegium, oggi Palleggio, le sue origini sono da ricercare nell'era Romana, o più semplicemente fu un fotilizio di una delle tante famiglie feudali della zona come i Suffredinghi o i Lupari o ancora come altri luoghi vicini fu un insediamento Longobardo. Quel che è certo è che la città di Lucca ne fece nel XIV° secolo un punto di forza a guardia dei confini verso Pistoia. Con la presa del controllo dell'area da parte dei Fiorentini, persa la sua importanza strategica, Lucchio fu abbandonato e le sue pietre usate per le abitazioni del poverissimo borgo sviluppatosi ai suoi piedi. I ruderi sono liberamente visitabili, non perdetevi il panorama!

Domenica 22 giugno.

Parco delle Apuane: il monte Forato, escursione con possibilità di pernottamento il sabato (prenotazioni a Giovanna Massidda 0586 404786).

Prosegue il nostro percorso conoscitivo degli Ambienti montani della Toscana: una bifida vetta rocciosa, caratteristica e famosa per un grande arco naturale di roccia, aperto nella cresta tra le due punte, attraverso cui è possibile vedere sorgere e tramontare il sole.  

Descrizione itinerario:

Si prende l’autostrada per Viareggio ed all’uscita successiva, indicata con Apuane, prendiamo per  Seravezza, Stazzema.

All’ultimo tornante prima del paese si segue a destra la carrozzabile con l’indicazione rifugio Forte dei Marmi, si prende una medioevale mulattiera per la Foce di Petrosciana (sentiero n°6) e si percorre un sentiero in moderata salita, completamente immerso in un secolare bosco di castagni, arrivando, dopo circa un’oretta di cammino, al rifugio Forte dei Marmi  all’Alpe della Grotta (m.865).

Il rifugio, antica abitazione pastorale è splendidamente situato al limite dei castagneti, proprio sotto le verticali pareti rocciose del m.Nona e del Gruppo del Procinto  ed è il punto di partenza per  l’escursione vera e propria verso il m. Forato, noi comunque lo eviteremo non prendendo la deviazione che in 20 minuti ce lo farebbe raggiungere e proseguiremo invece per il sentiero n°6.

Arrivati al bivio con il sentiero n°8, che ci porterebbe alla Foce delle Porchette e quindi al m.Croce, proseguiamo ed in circa 50 minuti, sempre con il n°6, arriviamo alla Foce di Petrosciana (m.961).

Da qui prendiamo il sentiero 131, una variante che costeggia il versante orientale garfagnino del monte con vista sul versante sud della Pania Secca ed in falsopiano raggiungiamo prima una grotta e poi Casa del Monte trovando il sentiero n°12 da dove, in leggera salita (0.45 mt.), raggiungiamo il m.Forato (non prendere nell’ultimo tratto il sentiero 130 che, scendendo, ci porterebbe a Fornovolasco).

Durata del percorso: 

Stazzema/ Rifugio F.Marmi, 50 minuti.

Rifugio F.Marmi/Foce di Petrosciana, 60 minuti.

Foce di Petrosciana/m.Forato, ore 1.15.

In discesa i tempi più o meno si equivalgono per cui l’escursione durerà circa 6 ore, con percorso di media difficoltà adatto a sperimentati camminatori, lo spettacolo dell’Arco Naturale del m.Forato ripagherà comunque,ampiamente, della fatica.

possibilità di pernottamento in quota,la notte di sabato, necessaria prenotazione

Domenica 28 settembre

#Atmosfere Apuane, sotto la Pania della Croce da Isola Santa.

Domenica 12 ottobre

#Al Monte Folgorito, da Seravezza.  

Domenica 26 ottobre

#L’alta valle del Serchio: da Cardoso(Gallicano) al monte Croce, castagnata. 

Domenica 9 novembre

#La piana fluviale del Magra: da Montemarcello a Tellaro.

Domenica 30 novembre.

 

#visita ad un allevamento  di pecore sarde e alla relativa produzione casearia  in Alta Val di Cecina. 

 

Domenica 14 dicembre.

 

Incontro con le comunita’ straniere: Il Marocco e la sua gente.

 

Domenica 21 dicembre.

 

passeggiata per la pace e pranzo.

 

Altre attività:

 

Domenica 28 settembre

Atmosfere Apuane: sotto la Pania della Croce da Isola Santa.

  

Descrizione itinerario:

A 13 Km da Castelnuovo Garfagnana, nei pressi di Isola Santa (m.550), attraversata la diga, prendiamo per il sentiero n°9, costeggiando il lago e salendo in un castagneto.Entriamo in un valloncello e lo si risale, superando un piccolo torrente, portandoci poi verso destra, scavalcando un modesto colle per raggiungere il paese disabitato di Col di Favilla.

La vista svetta sugli appicchi rocciosi del Pizzo delle Saette ad est e del monte Corchia, trovandosi il paese sul proseguimento del crinale di nord est del monte stesso.

Verso destra si stacca il sentiero 11 per Puntato e Fociomboli, noi invece proseguiamo in piano per una mulattiera e, superato il canale delle Verghe, ci  avviciniamo in salita ai roccioni del versante occidentale del Pizzo delle Saette, dove confluisce da sinistra il sentiero 127.

In leggera salita proseguiamo quindi fino alla foce di Mosceta (m.1170) da dove, in breve, verso destra, si raggiunge il rifugio del Freo, sotto la Pania della Croce.  

 

Domenica 5 ottobre

Al Monte Folgorito, da Seravezza.  

Il percorso che proponiamo si snoda panoramico sulle pendici del M. Folgorito, al confine tra la provincia di Massa e quella di Lucca, attraverso un itinerario che  consentirà di godere a lungo di una visuale stupenda, soprattutto in direzione della costa tirrenica.
L'ambiente attraversato è caratterizzato da una vegetazione che va dalla macchia mediterranea ai castagneti, agli uliveti ed ai boschi di conifere e quindi, se anche sbufferemo un po’, quando la salita potrà diventare impegnativa, i panorami e gli ambienti visitati, ci ripagheranno ampiamente della fatica, soprattutto quando  raggiungeremo  la brulla cima del M. Folgorito (m. 911): intorno a noi, lo sguardo spazierà sia verso la costa tirrenica che verso le propaggini dell'Altissimo mentre, sotto di noi, vedremo invece  la valle del torrente Serra, con i suoi numerosi valloni dall'aspetto selvaggio, lungo i quali, durante l'ultimo conflitto, vi furono numerose azioni di guerra fra le forze partigiane e i tedeschi. Infatti proprio lungo questi crinali passava la "linea Gotica".
Escursione di media difficoltà per persone preferibilmente allenate. Pranzo al sacco, ritrovo alle ore 8 alla Guglia a Fiorentina, PARTENZA H.8,15.

Domenica 26 ottobre

 L’alta valle del Serchio: da Cardoso(Gallicano) al monte Croce, castagnata. 

Il territorio della Garfagnana, Alta Versilia e Valle del Serchio, è fra i luoghi più ospitali e fra i più ricchi di tradizioni della Toscana montana.

La natura è ancora incontaminata, con boschi,  fiumi,  parchi e riserve naturalistiche ed i sono cibi ancora genuini; il tragitto di oggi, ci porterà a conoscere l’alta valle del Serchio e precisamente nel tratto che da Cardoso (Gallicano)

ci porterà,attraverso un sentiero non impegnativo, fino al Monte La Croce.

Il panorama della Valle del Serchio, visto da lassù è notevole, sosteremo qui per un po’ e  quindi, a due passi, visiteremo anche la grotta La Tanna, dove sgorga una sorgente incontaminata.

Inutile sottolineare la raccolta di castagne che faremo lungo il tragitto, il vero scopo di questa nostra uscita domenicale……....la annuale castagnata di Agireverde.

Descrizione itinerario:

IL Sentiero è il 136 e parte dal piccolo paese di Cardoso di Garfagnana (Gallicano) mt 400 ca, raggiungibile dalla strada di fondovalle Lucca-Castelnuovo Garfagnana, con bivio situato tra i paesi di Turritecava e Bolognana.

Dalla piazza del paese si attraversa il piccolo centro abitato e si esce da una caratteristica volta ad arco, quindi si prosegue in un castagneto e si sale fino ad un piccolo piazzale di roccia.(mt 720). (50 minuti di cammino).

Fino a questo punto il sentiero è in comune con il N. 111.

Si prosegue quindi sulla destra e, con lieve salita, si giunge al Colle della Croce in Ca 15 minuti (mt 800). Sulla sommità di questo colle, ad alcune decine di metri dal sentiero principale , ma segnalata da apposita tabella, è stata eretta una croce in ferro, che ha dato nome al colle stesso, dal quale si gode un meraviglioso panorama sulla intera valle della Garfagnana.

Si prosegue poi per il sentiero, in boschi di castagni, fino a raggiungere la località di S. Luigi (mt 871-Or e 1,15 dal Colle della Croce) e saliamo quindi  fino ai mt 1100 circa di Foce Palodina (Ore 0,30 da S.Luigi).

Da qui, volendo, potremmo  anche salire alla vicina vetta del M.Palodina (mt 1171), che si può raggiungere seguendo il sentiero che si stacca sulla destra, in circa 20 minuti (dalla sommità, splendida vista a 360 gradi, dalla Valle della Garfagnana alla catena dell'Appennino Tosco-Emiliano, fino alle vicinissime rocciose Alpi Apuane. Proseguendo da Foce Paladina, si scenderà molto rapidamente fino a trovare una strada forestale che dopo circa 3 KM incrocia il sentiero N. 135 (Trassilico/Palagnana).

Tempo di Percorrenza da Cardoso a innesto sentiero 135, ore 4.00

Il Ritorno puo' essere effettuato per il solito sentiero o effettuando la variante sentiero 111.Notare che il percorso descritto potrà seguire eventuali modifiche, in base alla nostra castagnata, potendo risultare molto più breve di quello illustrato, essendo la castagnata lo scopo della nostra escursione.Idem per La Grotta, che sarà visitata se ci limiteremo a salire al colle La Croce, risultando altrimenti, in caso contrario, troppo lunghe le soste necessarie per tutte le varianti escursionistiche esposte.  

Domenica 9 novembre

La piana fluviale del Magra: da Montemarcello a Tellaro.

Punta Corvo: un ripido sentiero che parte da Montemarcello conduce alla cosiddetta "spiaggia nera" altrimenti raggiungibile solo dal mare. Nelle vicinanze è possibile visitare l'antico convento di Santa Croce dei monaci benedettini di dantesca memoria.Lascia senza fiato il panorama del golfo di La Spezia a ovest e della fertile piana del fiume Magra,con lo sfondo delle Alpi Apuane, a Est.
Apprezzata dai Romani che vi fondarono l'importante insediamento di Luni, l'area fluviale alterna curate coltivazioni e zone umide, ove nidificano uccelli acquatici, a settori fortemente compromessi da usi impropri. Il Parco, nato dalla fusione del precedente parco fluviale e dell'area protetta di Montemarcello, è  un esperimento di riqualificazione di zone degradate.
L’itinerario di oggi, percorrerà il Parco da Montemarcello a Tellaro, seguendo l’itinerario descritto:
Si arriva in macchina a Montemarcello, arrivando da La Spezia e si parcheggia a una delle due entrate del paese. Si entra quindi nel paese attraverso l'antica porta e, mantenendosi sulla destra, si arriva rapidamente davanti alla chiesa parrocchiale dove si inizia a scendere per una scalinata, al termine della quale, si attraversa la strada asfaltata e si percorre per circa 100 metri una stradina tra le case . Si attraversa quindi nuovamente la strada per ritrovare il sentiero segnato e si sale, tra oliveti e campi coltivati, con un bel panorama delle isole del golfo della Spezia.

Alla fine della recinzione di una villetta rosa, si tralascia il sentiero che scende sulla sinistra e si scende invece sulla destra per girare quindi a sinistra, inoltrandosi in un rimboschimento di pini e cipressi.

Il luogo e' molto ombroso e, in fondo alla discesa, si segue il sentiero a sinistra fino alla strada asfaltata, in mezzo a prati ed incolti, in localita' Lizzano, una piccola valle tra Montemarcello e monte Murlo,intensamente coltivata fino agli anni Sessanta,ma oggi quasi completamente in abbandono.

Si percorre la strada a destra, in direzione Lerici, per circa 200 metri e, subito dopo la prima semicurva,quando comincia la salita,si imbocca il sentiero sulla destra.

Il tracciato e' ben riconoscibile per il selciato in pietra e per i due muri a secco che lo delimitano.

Dopo alcune fasce con olivi, si ritrova sulla sinistra il rimboschimento a pini e cipressi mentre sulla destra vi sono olivi abbandonati, soppiantati nell'ultimo tratto  da una folta macchia mediterranea.

In questa zona e' facile sentire i canti di numerosi uccelli e si possono osservare fringuelli, pettirossi , allodole, capinere, passeri e ballerine.

Dopo un ultimo tratto in mezzo ai pini d'Aleppo e lecci, si attraversa nuovamente la strada asfaltata e ci si inoltra per un breve tratto in una lecceta che lascia ben presto il posto ancora a oliveti e quindi alla pineta d'Aleppo. Il sentiero si snoda poi per un tratto lungo una recinzione metallica, che delimita una zona molto interessante per le specie vegetali e per il panorama, la  rete poi si interrompe e ci troviamo in una zona pianeggiante con i resti di postazioni militari. Vale la pena  di fermarsi qui e di ammirare il panorama delle isole Palmaria, Tino e Tinetto, di Porto Venere e del promontorio occidentale del Golfo della Spezia. Ritornati sul sentiero, si percorrono pochi metri in salita e si arriva in uno spiazzo, in località Gruzza, dove si trova la strada per Lerici.
Alla fine dello slargo, senza attraversare la strada, si entra in un bosco di pini e lecci, molto suggestivo e si arriva nella valle detta Figarole, aperta verso il mare dove  proseguiamo in mezzo a case e campi coltivati,   risalendo infine sulla strada asfaltata che si attraversa per percorrere poi un piccolo slargo sterrato de imboccare quindi la stradina in cemento che parte davanti ad un grande cancello in ferro e che scende verso sinistra.

Dopo un brevissimo percorso tra case e muri di recinzione, si giunge in località Quattro strade di Zanego, si attraversa la strada e si prosegue sul sentiero, delimitato da muri a secco, che porta a Tellaro, in comune per un lungo tratto con l'itinerario 2. Giunti al primo bivio, si comincia a scendere sulla sinistra. La discesa si fà ripida e inizia la scalinata in pietra del cosidetto "Piastron", dirupo a strapiombo sul mare. Tra gli scogli sottostanti volano i gabbiani e i marangoni dal ciuffo che pescano i piccoli pesci di scoglio di cui sono ghiotti. A destra del sentiero, estesi oliveti arrivano fino alle prime case del paese, che si superano per entrare nel centro storico, fino al piccolo scalo in mare per le barche dei pescatori. Per il ritorno o si ripercorre a ritroso tutto il percorso oppure si arriva prima ad Ameglia in una mezz’oretta e dopo, in tre quarti d’ora, a Montemarcello, per la strada asfaltata  ed un sentiero nel bosco sulla sinistra, dopo la deviazione a sinistra per La Ferrara. 

 

Domenica 30 novembre.

 

visita all'allevamento ed all'opificio.

nella Alta Val di Cecina, ad una distanza di circa 5 Km.da Volterra, sulla Strada Provinciale del Monte Volterrano, visiteremo un'azienda che si estende su 250 ettari di terreno, in parte coltivati a cereali ed in parte destinati al pascolo di circa 1000 pecore di razza sarda

Alimentate con i foraggi propri dell'azienda e allevate allo stato semi brado, quindi non sottoposte a stress psico-fisici particolari, forniscono ottimo latte da cui si ottiene pecorino di varia stagionatura, ricotta, ravaggiolo, tomini  e baccellone, formaggi biologici di qualità elevata.

La giornata sarà dedicata alla visita della fattoria e dell'annesso caseificio, con particolare riguardo ai processi di lavorazione che portano alla produzione dei formaggi.

Splendido il panorama delle balze e dei calanchi, fenomeni naturali di erosione unici al mondo, che osserveremo dai pascoli della fattoria.

Dopo pranzo, con assaggi dei prodotti, prenderemo la via del ritorno, fermandoci nella zona dei Soffioni di Larderello.

indispensabile la prenotazione (entro il 31 ottobre, telefonando in ore serali al n°0586 861138). 

Domenica 14 dicembre.

incontro con le comunita’ straniere: Il Marocco e la sua gente.

Iniziando una serie di incontri, volti a conoscere realtà, lontane da noi ma estremamente vicine per il fenomeno dell’immigrazione,ci soffermeremo sul Marocco.

Alla Valle Benedetta  ci troveremo, in una riunione conviviale, con la comunità marocchina livornese: pranzo e scambi di opinioni, informazioni su usi e costumi e tradizioni di un Popolo ed anche sulle sue difficoltà di integrazione.

Passeggiata pomeridiana all’eremo della Sambuca. 

informazioni sul Marocco: clicca qui.

Necessaria prenotazione, entro il 30 novembre:

infoagireverde 0586 801235 ore serali     oppure 338 5907320  

DOMENICA 21 DICEMBRE  

passeggiata per la pace e riunione conviviale.

Cari amici di AGIRE VERDE, si chiude il 2003 all’insegna della spirale guerra-terrorismo, della tuttora irrisolta e tragica questione palestinese e delle tante guerre dimenticate che insaguinano il mondo, oggi esattamente come ieri. Magari si potrebbe anche dire della completa disattenzione del protocollo di Kyoto per quanto riguarda le emissioni gassose nell’atmosfera e della cattiva volontà di trasformare l’attuale modello di sviluppo, basato sulle energie non rinnovabili; si potrebbe dire del perdurare di condizioni povertà di vita nel sud, ma anche in parte nel nord del mondo (nel 2000 avevamo 2.737.300.000 persone che vivevano con meno di 2 dollari al giorno)…si potrebbe dire, si potrebbe dire….ma………..e ad iniziare a fare, per modificare in meglio, magari un minimo di qualcosa?

Ecco quindi che in tale contesto è fondamentale, per le associazioni di base come la nostra, mantenere vivo il senso della partecipazione critica ai movimenti, attivi per un mondo più giusto, più libero, più equo, più pacifico.

“Agire Verde” promuove per Domenica 21 Dicembre un pranzo associativo come momento conviviale di scambio nell’ambito di una giornata di relax e di presa di coscienza  eco-pacifista articolata in vari momenti:

-passeggiata per la pace in mattinata verso l’eremo della Sambuca;

-pranzo auto-gestito secondo le modalità di seguito precisate;

-momento di riflessione collettiva sui temi della pace. Sono invitati a dare il loro contributo esponenti del mondo religioso, del volontariato, del movimento no – global, impegnati da sempre nelle battaglie pacifiste;

-lettura di poesie sulla pace da parte dell’attrice Tiziana Foresti.

- contributi di chiunque voglia intervenire.

 

Le domande, che in ogni caso metteremo alla base della giornata, saranno:

Insieme alla nostra vocazione per l’organizzazione del tempo libero, come vogliamo mettere in pratica il nostro dire meno e fare di più?

Vogliamo conoscere la rete Lilliputh? Cosa sono nel mondo globalizzato le reti di economia solidale tra produttori e consumatori, ci interessa inserirci in questa nuova logica?

Programma :

appuntamento alla Valle Benedetta alle ore 10, per una passeggiata mattutina verso l’eremo della Sambuca.

Alle 13 ritrovo alla ex-scuola di valle Benedetta per il pranzo auto-gestito, ma chi vuole potrà venire direttamente al pranzo. Nel pranzo l’Associazione offrirà il primo, il pane ed il vino per il resto, ognuno porterà qualcosa da condividere insieme. E’ obbligatoria la prenotazione presso Mario e Fiorigia (Tel. 0586 801235 o 3385907320).

Per AGIRE VERDE, Salvatore, Mario, Fiorigia e Luciano e………………

Altre iniziative dell'Associazione nel 2003:

 

1) Agireverde in cucina:   

Una cenetta improvvisata tra amici, in fretta e furia?  

Un dolce da portare ad una gita?

Voglia di preparare stuzzichini un po' fuori dalla norma, originali e gustosi?

Un cuoco  ci guiderà nell'arte di preparare originali ricette a base vegetariana e di pesce, introducendoci nei segreti della cucina siciliana ed un esperto erborista farà altrettanto con l'uso delle erbe aromatiche.

Tre serate di ricette, con teoria e pratica, nei mesi invernali (novembre/dicembre).

nota: nei mesi di novembre e dicembre (più o meno) stiamo preparando una tre giorni di cucina alternativa e non solo: antipasti, primi piatti e dolci, a base vegetariana e di pesce, nel rispetto della tradizione culinaria, regionale siciliana.

Chi fosse interessato a partecipare - Numero chiuso (max n° 12 posti)- teoria e dimostrazioni e preparazione dei piatti in loco, dovrà contattare il n° 0586 406468 (ore serali) lasciando nome e recapito telefonico(specificando corso di cucina), per essere successivamente contattati e confermare la prenotazione.

2) “Apicoltura” l'arte di allevare le api in maniera razionale con lo scopo di ricavarne un reddito, un esempio di sviluppo sostenibile.                           

Sono in programmazione   corsi di apicoltura (di livello professionale), nei mesi  gennaio/febbraio: gli interessati dovranno contattare il n° 0586 406468 (ore serali) lasciando nome e recapito telefonico(specificando: corso apicultura), per essere successivamente contattati e confermare la prenotazione al corso, quando elaborato il programma.

Numero chiuso (max 15 posti).

 

 

3) nel  mese di ottobre.

Marcia per la pace Perugia/Assisi: coloro che fossero interessati a partecipare, dovranno contattare Fiorigia o Mario 0586 801235 (ore serali) o 338 5907320 per la prenotazione del viaggio in pullman, entro la fine di settembre.

 

escursioni 2002

escursioni 2001

 

 

 

Tutte le iniziative sono riservate agli associati (Euro 10 annui),   associazione   U.I.S.P., facoltativa , che comunque avranno la precedenza nelle prenotazioni per iniziative particolari. 

c/c postale n° 28804508 intestato a: Agire Verde, via A. Frank 17, 57100 Livorno).


 via Anna Frank 17 - 57124 - Livorno - Internet : agireverde@tin.it
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